A pochi chilometri da San Miguel de Allende, con i suoi affreschi, uno degli esempi più autentici della spiritualità messicana
A pochi chilometri da San Miguel de Allende, nello stato messicano di Guanajuato, si trova uno dei più sorprendenti tesori dell’arte religiosa del continente americano: il Santuario di Jesús Nazareno de Atotonilco, noto anche come la “Cappella Sistina del Messico”. Un soprannome forse un po’ pomposo, ma tutto sommato azzeccato, se consideriamo la quantità e la varietà degli affreschi che ricoprono ogni centimetro del suo interno, in uno stile barocco visionario e travolgente.

Costruito a partire dal 1740 per volere del sacerdote Luis Felipe Neri de Alfaro, il santuario nacque da una visione mistica che spinse il fondatore ad edificare un luogo di culto in quel punto preciso, chiamato Atotonilco, ovvero “luogo delle acque calde” in lingua náhuatl. Attorno a una sorgente termale già considerata sacra in epoca precolombiana, nacque un complesso che, grazie ai suoi affreschi, sarebbe diventato punto di riferimento per il turismo religioso in Messico.
Europa e America
L’esterno del santuario è piuttosto semplice, ma appena superato il portone si entra in un universo denso di immagini, simboli e colori. Proprio all’ingresso, un elemento sorprende subito il visitatore:due affreschi raffigurano l’Europa e il Nuovo Mondo. L’Europa, vestita con abiti solenni e armata di croce, simboleggia la Chiesa, la cultura e il potere. Di fronte, l’America è raffigurata in modo esotico, con il volto di un indigeno, ad indicare il continente da evangelizzare. È una visione del mondo tipica dell’epoca coloniale, di grande rilievo simbolico.
Il barocco popolare messicano
Il resto dell’interno è un tripudio di immagini sacre. Dal soffitto alle pareti, ogni superficie è coperta da sculture, iscrizioni e dipinti a olio in uno stile chiamato barocco popolare messicano, con evidenti influenze mesoamericane. Gli affreschi illustrano la vita di Cristo, la Passione, episodi dell’Antico e Nuovo Testamento, e scene dell’inferno e del paradiso. Il pittore criollo Miguel Antonio Martínez de Pocasangre dedicò più di trent’anni a quest’opera colossale, lavorando dal 1740 al 1775. Le sue pitture, dense di pathos e dettagli, formano un vero e proprio catechismo visivo, destinato ad educare i fedeli attraverso le immagini. Lo stile degli affreschi imita la pittura fiamminga, giunta in Messico attraverso le stampe belghe portate dall’Europa dai coloni spagnoli.
Il santuario e la storia messicana
Come detto, questa imponente e intricata opera murale ha portato molti a paragonare il santuario di Atotonilco alla Cappella Sistina di Roma. Come nella Cappella Sistina, anche qui l’arte non è solo decorazione, ma uno strumento di coinvolgimento emotivo e spirituale. Il fedele è immerso in un racconto che, attraverso gli affreschi, lo guida nel mistero della fede cristiana, tra angeli, santi, demoni e martiri.
Giusto ricordare che il santuario è legato anche alla storia dell’indipendenza messicana. Qui Miguel Hidalgo, leader della rivolta del 1810, prelevò lo stendardo della Vergine di Guadalupe, che divenne simbolo della rivoluzione.
Patrimonio UNESCO
Oggi, il Santuario di Atotonilco ed i suoi affreschi sono parte del Patrimonio dell’Umanità Unesco. Rimane un luogo di pellegrinaggio molto attivo, ma soprattutto rappresenta con I suoi affreschi una meta ancora poco conosciuta, ma imperdibile per chi ama l’arte e la storia e vuole comprendere la spiritualità messicana. Una Cappella Sistina nel cuore del Messico, che racconta una fede viva, autentica, e profondamente latinoamericana.