L’osservatorio vulcanologico di Martinica: poesia di un abbandono

Abbandonato ma non in disuso, l’osservatorio giace proprio di fronte a La Pelée, vulcano attivo che eruttò disastrosamente nel 1902.

Poesia di un abbandono o sinfonia del silenzio. L’osservatorio vulcanologico di Martinica è un reperto archeologico che troneggia sulla solitudine della foresta pluviale, in cima a una delle tante alture che costellano l’isola. Per raggiungerlo, bisogna inerpicarsi lungo una strada stretta, tutta curve e particolarmente ripida. Una pendenza che è molto frequente da queste parti, quando il mondo, al di là del finestrino dell’auto, diventa improvvisamente obliquo come la metà di un angolo retto. E ci si sente precipitare, avanti o indietro, risucchiati da una gravità che non perdona.

Una volta giunti ai piedi della struttura, prima di raggiungere la porta d’ingresso, vi è ancora una vertiginosa e lunga rampa di scale che si impenna verso la cima. Ma la porta, ahimè, è chiusa. L’unico segno di vita sembra provenire da alcuni macchinari ancora funzionanti che si possono spiare spingendo lo sguardo attraverso la grata. Per il resto, non rimane che un vasto panorama a 360 gradi tutto attorno, così straripante di vegetazione da sembrare in procinto di affogare, inesorabilmente.

Pochi gli audaci tanto curiosi da spingersi fin quassù. Meglio il trekking fino alla sommità del vulcano Pelée. Eppure è da qui che si monitora, da moltissimi anni, l’attività di quel mostro che dorme. Da qui, si è auscultato il battito della terra, registrandone i ritmi e le aritmie. Ma il fatto che ora l’edificio non sia più visitabile, che sia funzionante solo in parte e che non sia stato recentemente oggetto di cure esterne non lo rende esente da quel fascino misterioso che la storia spesso è in grado di dispensare.

1902: un occhio inizia a vigilare sugli scherzi della Terra

Il primo osservatorio venne costruito sulla cima di Morne Cadet, l’anno dopo l’eruzione del Monte Pelee, nel 1902, dietro iniziativa del vulcanologo Alfred Lacroix. Ma fu un progetto che ebbe poca vita, a causa della mancanza di risorse. L’edificio, infatti, venne gradualmente abbandonato, fino alla sua chiusura definitiva, nel 1925. Fu la seconda eruzione avvenuta quattro anni dopo a creare nuovamente l’allarme. L’elevata preoccupazione da parte di popolazione e addetti ai lavori portò, quindi, alla realizzazione di un altro osservatorio. Questo venne innalzato su Morne Moustin, nel 1935, per opera dell’architetto Louis Caillat. Si tratta di una delle prime costruzioni in calcestruzzo della Martinica i cui materiali sono stati trasportati esclusivamente a dorso di mulo.

Fiore all’occhiello dell’osservatorio è il sismografo Quervin-Picard, del peso di 20 tonnellate, tuttora in vigore e funzionante, sebbene sia stato recentemente sostituito da strumenti più all’avanguardia. Il monitoraggio del vulcano e il rilevamento dei terremoti avvengono giorno e notte. Il 25 aprile 2012, osservatorio ed edificio sono stati registrati come monumenti storici, nonché “Patrimonio del XX secolo” dal 12 maggio 2015. Il complesso, a pianta rettangolare, comprende un seminterrato, un piano terra dove si trovano segreteria, sala computer e sala conferenze, un primo piano e due piani di mansarda collocati all’interno della torre. Purtroppo l’osservatorio ha posto seri problemi di conservazione e sta per essere sostituito con una struttura più adatta alle esigenze degli scienziati. Il sito in cui sorgerà, a breve, il terzo osservatorio si trova a 2 km di distanza, verso la costa caraibica. E con una vista diretta del vulcano.

Geolocalizzazione dell’osservatorio vulcanologico

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